Nonostante molti di noi sarebbero pronti a scommettere il contrario, l’ ”ansia” è un’emozione non soltanto utile ma addirittura imprescindibile per la nostra specie, dal momento che predispone il nostro organismo a reagire efficacemente in condizioni di necessità.
La fisiologia dell’ansia, difatti, ovvero l’insieme di manifestazioni fisiche che si accompagnano ad un episodio ansioso, sono come un motivatore che ci sprona a fare del nostro meglio: il cuore batte forte perché pompa sangue nelle vene aumentando il trasporto di sostanze necessarie al movimento, i muscoli tremano perché sono pronti ad agire, lo stomaco si chiude perché il nutrimento non è più una funzione primaria, il respiro si fa più veloce aumentando l’ossigeno nel sangue.
In quei momenti le sensazioni che viviamo, per quanto sgradevoli, sono necessarie perché “tutto noi” è orientato a rispondere alla sfida che si sta presentando. I nostri antenati vivevano vere e proprie finali per la sopravvivenza, dal momento che l’ansia consentiva loro di cacciare il proprio cibo facendo attenzione a non finire a loro volta preda di un cacciatore più grande, come una tigre dai denti a sciabola. Oggi le sfide che affrontiamo sono diverse: arrivare in orario al lavoro, soddisfare un genitore esigente, ottenere un riconoscimento dal proprio capo, mantenere la propria autonomia.
La società contemporanea dunque ricopre un ruolo determinante nel creare ed alimentare ansia, ed ecco perché gli attacchi di panico sono un’introduzione relativamente recente della nostra epoca, facendone uno dei disturbi più diffusi dell’età contemporanea.
Tipicamente, ciascuno di noi ha un livello “pre-impostato” di ansia, un valore di base che reagisce alla miriade di Stressors quotidiani ai quali siamo esposti e che superata una certa soglia di attivazione rende l’ansia via via più “visibile” fino a generare l’attacco di panico.
In questo senso, un ruolo molto importante è rivestito dall’Amigdala, una piccola struttura cerebrale a forma di mandorla con il compito di etichettare affettivamente ed in tempi brevi stimoli mentali e fisici. In parole povere, l’Amigdala ha la responsabilità di dirci cosa è buono e cosa è meno buono, sempre per assicurarci di poter prendere la decisione migliore per la nostra incolumità.
La particolarità di questo processo, tuttavia, sta nel fatto che l’Amigdala riceve le informazioni da valutare secondo due vie: una molto veloce e poco accurata, ed un’altra meno veloce ma molto accurata; accade allora che la via più veloce sia quella che più spesso consegna le informazioni e che quindi l’Amigdala valuti come potenzialmente pericolose situazioni solo considerate frettolosamente. Si pensi ad esempio ad un rumore, di notte, alle nostre spalle, che ci porta quasi subito a temere un pericolo escludendo tutte le altre possibili spiegazioni, non pericolose, che potrebbero esserci a giustificare quel rumore.
Per quanto possa apparire incomprensibile, ciò è assolutamente funzionale per la nostra sopravvivenza, dal momento che la nostra mente preferisce pensare ad un pericolo e scoprire di aver sbagliato piuttosto che il contrario.
Dunque avere un problema di ansia è, sotto tanti aspetti, la prova di come il nostro cervello funzioni perfettamente e di come i suoi sforzi siano continuamente orientati al metterci in condizioni di sicurezza; tuttavia, quando l’ansia e tutte le manifestazioni che le si accompagnano tende a presentarsi con frequenza, impedendoci una normale quotidianità, è il momento di fermarci ed individuare le fonti dei pericoli dai quali la nostra mente cerca di proteggerci.
L’ansia è il risultato di una comunicazione simbolica, primitiva e poco raffinata che la nostra mente e il nostro corpo fanno con noi, e a noi sta accoglierla e recuperare un pensiero più funzionale che puntelli la prudenza della nostra Amigdala e che di fronte ad un battito accelerato ci consenta pensare ad un semplice affaticamento piuttosto che una morte imminente per infarto.
Leggi anche: il Disturbo di Panico
Leggi anche: il Disturbo Ossessivo-Compulsivo